Mia cara Valigia 3

Giovedì 25 agosto 2016 in: Mia cara Valigia

 

di Cristina Luzzi

Mia cara Valigia, accidenti a te. Accidenti, accidenti, accidenti. È possibile che per colpa tua io debba sempre rinunciare a qualcosa che mi piace? E guarda che sono una che trova sempre il lato positivo in ogni cosa, ma proprio dovermi reinventare un giorno sì e l’altro anche. Ti ricordo che sei tu che hai voluto me, non io che ho voluto te. Sì va bene, poi mi sono innamorata anch’io, ma tu sei un’egoista. Accidenti a te.

Ti ricordo che è la prima volta in vita mia che non butto tutto per aria quando mi scoccio. Quindi non hai nessuna garanzia che la mia pazienza duri in eterno. Ringrazia chi mi ha aiutato a maturare in questi anni, perché altrimenti non saresti più qua. Non ridere. Pure impertinente sei. Sembri le mie consulenti, che fanno un sorrisino, mi guardano sottecchi e mi dicono «tanto lo sappiamo che non ci molli».

Le mie consulenti, quelle che ho sentito via Skype la prima volta tanti anni fa, io non sapevo chi fossero e loro non sapevano chi ero. Però io ho sempre il loro curriculum, anche se non sempre lo leggo, e, certamente, so sempre di dove sono.

Com’è diverso ora da allora. Guardavano lo schermo spaventate, mi osservavano timorose, si domandavano chissà che faccia ha, se quello che mi racconta è vero, chissà che lavoro è. Dove mi vado a cacciare? Io le guardavo felice, mi dicevo ecco un’altra donna coraggiosa, da dove viene, cosa fa, perché chiama. Ma spaventata anch’io, chissà chi pensa che siamo e cosa facciamo, chissà se è in grado di affrontare quest’argomento senza essere volgare, saprà entrare in empatia con altre donne?

Ora tutte sanno chi sono, si sono guardate e riguardate i miei video, conoscono a memoria il sito, la maggior parte sono laureate, affascinate da questo mondo e sono loro che cercano di conquistare me. Prima ero io che dovevo conquistare loro.

Una volta loro sceglievano me, ora io scelgo loro. Che poi è tutto relativo perché spesso le scelgo e poi si perdono per strada prima di arrivare da noi. Sarebbe bello farlo ma che paura, non so se ce la faccio. Ci vuole tanto coraggio. Forse per questo sono innamorata delle mie consulenti. Anche se a volte le strangolerei tutte. Non mi vergogno a dirlo, loro lo sanno.

Sono arrabbiata sì. Perché ora mi vuoi togliere i colloqui e sono una delle cose che più mi piace fare. Accidenti a te. Accidenti, accidenti, accidenti. Dicono che le cose che funzionano non si cambiano, perché io devo cambiare? Perché diavolo?

  1. Sono troppo selettiva: via Skype potrei precludere possibilità a donne che forse personalmente potrebbero dimostrarmi che sono in grado di fare questo lavoro.
  2. Dedico troppo tempo ai colloqui e la mia giornata ha le stesse ore di quella degli altri.
  3. Ci sono moltissime altre cose che sono bravissima a fare, che posso fare solo io e che non faccio.

Uffa. Non fa una piega. Ma a me piace fare i colloqui. Ho conosciuto mondi sconosciuti, toccato con mano le differenze fra una cultura e l’altra, fra le donne del Sud e quelle del Nord, fra quelle di Milano, quelle di Torino, le toscane, le calabresi. Le straniere e ognuna è qui per un motivo diverso. Ci sono quelle che non l’hanno ancora detto al marito, ci sono quelle che hanno il marito che le incoraggia. Quelle che lavorano e quelle che non lavorano, quelle arrabbiate che vogliono prendersi la loro vita in mano, quelle che entrano in Valigia per un percorso personale (praticamente tutte), quelle che hanno bisogno di lavorare di più perché il marito non paga gli alimenti dei figli. Quelle che sono stufe di lavorare in un mondo di uomini, quelle che hanno subìto violenze psicologiche o fisiche, quelle che hanno vissuto all’estero e sanno che è possibile vivere una vita differente.

E poi ci sono le giovani. Quelle che fino a qualche anno fa ricevevano da me un no secco: sei troppo giovane, come ti viene in mente? Anch’io con i miei pregiudizi. E ora so che ci sono giovani, molto giovani, che hanno una mentalità più aperta, che sono molto preparate, che sono pazienti e tolleranti, che non hanno le pretese economiche che abbiamo noi ma vogliono solo un lavoro e un lavoro che sia interessante e che dia soddisfazioni morali.

Donne che sono o sono state malate, e che vogliono dimostrare che non c’è nulla di impossibile. Donne felici, che vogliono aiutare altre donne ad essere felici come loro. Donne belle, brutte (non esistono donne brutte), magre, grasse, alte, basse, rosse, more, 20, 30, 40, 50 e anche 60 anni, Quanta ricchezza. E tu me la vuoi togliere, mia cara Valigia. Che tristezza.

Ma io ti frego, cambio va bene, l’interesse del progetto sempre prima di quello che vorrei. Ma a modo io. Sempre solo a modo io. Perché anche io sono una donna con La Valigia.

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